giovedì 24 febbraio 2011

RIVOLTA IN LIBIA: "PIAZZA AFFARI AFFONDA, E IL VENTO DELL'ESPLOSIONE SOCIALE SI AVVICINA ALL'ITALIA"

Come ampiamente prevedibile gli effetti delle rivolte popolari in Nord Africa iniziano a farsi sentire anche in Europa. Il paese che più ne risente e ne risentirà nei prossima mesi è senz'altro l'Italia, e non solo per la paventata e tanto temuta dai mass media "ondata di immigrati" che si potrebbero riversare sulle nostre coste in fuga dalle violente repressioni e dalla guerra civile. 

La crisi nordafricana, e quella libica più specificamente, produrranno sull'economia nostro paese conseguenze a dir poco preoccupanti: L'italia, infatti, non solo dipende dal gas e dal petrolio libico per il 23% del proprio fabbisogno, ma nel corso degli anni, complice la cooperazione tra tutti i governi di centro destra e centro sinistra con l'amico Gheddafi, ha fatto della Libia uno dei primi partners commerciali. Principali aziende italiane come ENI, FINNMECCANICA, IMPREGILO ( di proprietà di Berlusconi)  sono presenti ed operano da decenni in Libia , sfruttando all'osso le risorse ambientali e la manodopera locale. Già due giorni fa è giunta la notizia che i rivoltosi si sarebbero impossessati del gasdotto che rifornisce l'Italia bloccando l'emissione, a questa si aggiunge il crollo immediato di Eni (- 5,01), Saipem (- 4,06), Finmeccanica (- 2,37), Impregilo (- 6,09), Astaldi (- 4,65) e Unicredit (- 6,09) nelle rispettive quotazioni a Piazza Affari. Senza calcolare che Gheddafi possiede quote azionarie rilevanti nel gruppo Unicredit, titolo anch'esso a picco. Questo dunque lo scenario prettamente economico, il quale basta a inquadrare gli enormi interessi del governo e del capitalismo italiano in terra libica, e basta anche a capire il perché della difficoltà dell'esecutivo a prendere posizione contro la repressione del Colonnello verso i manifestanti. Il ministro degli esteri Frattini si è addirittura trasformato, vista la circostanza,  in ambasciatore libico presso l'UE. 

Ma come tutti sappiamo, da bravi materialisti-dialettici, questi "effetti" economici avranno ripercussioni a medio e lungo termine anche sulla sfera sociale: facile immaginare ( e nemmeno tanto viste le quotazioni attuali sopra i 100 dollari a barile) un ulteriore ed improvvisa impennata dei prezzi del petrolio, la quale oltre a far schizzare la benzina ormai a 2 E a litro, provocherà l'amento a catena di tutti i generi alimentari, delle bollette energetiche, delle tariffe e dei servizi. Il tutto in un momento di recessione economica globale e  in piena crisi sistemica del capitalismo internazionale, con la disoccupazione giovanile al 30%, quella femminile al 50%, centinaia di migliaia di lavoratori in cassa integrazione e la povertà dilagante: tutte premesse per una vera esplosione sociale.

Esplosione che si sta avvicinando sempre più ai nostri confini ( Tunisia, Libia, Egitto, Albania, Grecia) e che anche all'interno dei confini stessi, nonostante  tutti i mass media cerchino di far divagare "l'attenzione pubblica" su altre cose, sta iniziando a covare e a prepararsi, si vedano a proposito le varie manifestazioni anti-berlusconiane degli ultimi giorni, o si riporti alla mete la tenace lotta degli studenti a Roma il 14 Dicembre scorso. 

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