lunedì 28 marzo 2011

NE' IL PARLAMENTO NE' I TRIBUNALI RIMUOVERANNO IL CAVALIERE

SOLO UNA STRAORDINARIA INIZIATIVA POPOLARE PUO' SGOMBRARE IL CAMPO DA BERLUSCONI. AVANTI CON LA CAMPAGNA “FARE COME IN TUNISIA E IN EGITTO”!


Come volevasi dimostrare. 
Ogni giorno che passa conferma una volta di più sia l'ipocrisia delle cosiddette “opposizioni” parlamentari , sia l'illusione di una liquidazione giudiziaria del Cavaliere. 

Il Partito Democratico ha letteralmente salvato il governo dalle sue contraddizioni votando prima la missione di guerra in Libia (di cui anzi è primo condottiero), e poi il Federalismo regionale di Bossi e Calderoli, col pubblico ringraziamento della Lega. 

Parallelamente il Sultano bonaparte trasforma le aule di tribunale in tribune comizianti: sino a mobilitare la propria base contro le “opposizioni”. Siamo al punto che il governo recita la parte dell'”opposizione”, e l'”opposizione” la parte del governo: col risultato che il governo ( vero) sopravvive o addirittura si rafforza, e l'”opposizione” ( finta) si condanna all'impotenza ( pur di compiacere Bankitalia e attendere la sua investitura). 

I lavoratori , i giovani, le donne, che hanno animato in questi mesi le piazze dell'opposizione sociale, non hanno nulla a che spartire con questo gioco suicida sulla loro pelle. La verità è che possono contare solo sulle proprie forze. Prenderne coscienza e liberarsi da ogni illusione: questa è la loro necessità. Perchè solo una grande spallata popolare può fare piazza pulita del governo Berlusconi, accantonare “opposizioni” farsa, aprire la via di un'alternativa vera, che sgombri il campo da sfruttamento, malaffare, xenofobia.. 

Per questo il PCL continua la propria campagna nazionale “fare come in Tunisia e in Egitto”: chiedendo con forza a tutte le sinistre politiche, sindacali, di movimento, di liberarsi dell'abbraccio paralizzante del PD e di unire la proprie forze in una mobilitazione straordinaria che abbia il coraggio di provare a vincere. Continueremo a portare questo appello in tutte le occasioni di confronto e in tutte le manifestazioni di massa: sociali, politiche, democratiche, contro la guerra. Ovunque si respiri la volontà di svolta e di riscatto. 

Il successo della nostra campagna, la quantità di adesioni in continua crescita che sta registrando, dimostra che un'avanguardia larga di lavoratori e di giovani è disposta a porre fine allo spirito di rassegnazione e cerca la via della ribellione sociale e politica.Il Partito Comunista dei Lavoratori non ha altro scopo che il loro. Ed è determinato ad andare sino in fondo.

lunedì 21 marzo 2011

PRESIDIO CONTRO LA GUERRA

L’intervento umanitario è guerra imperialista

Da tempo si poteva intuire, e negli ultimi giorni è diventato chiaro: nel tardo pomeriggio di sabato 19 marzo, con il primo attacco aereo, la guerra contro la Libia è iniziata ufficialmente.
Quello che ci si presenta davanti è uno scenario che conosciamo bene. A chi negli anni si è opposto alle guerre che hanno insanguinato il pianeta, è chiaro che quella delle guerre umanitarie è solo retorica. La strategia degli attacchi mirati e delle bombe intelligenti in nome della salvaguardia dei diritti umani, altro non è che un modo per giustificare agli occhi dell’opinione pubblica la difesa di interessi economici e geopolitici.

Gli stessi interessi che hanno fatto cadere un silenzio assordante sulle vicende di Egitto e Tunisia quando è entrata in scena la Libia. Nei due paesi del Maghreb lavoratori, studenti e disoccupati hanno rivendicato un proprio protagonismo riuscendo a far cadere regimi filo-occidentali in piedi da decenni e scatenando una sorta di “effetto domin o” negli altri paesi arabi. Benché al vertice ci sia stato un semplice cambiamento di facciata, la composizione delle proteste era molto diversa da quella libica.

Se le prime manifestazioni contro Gheddafi avevano un approccio condizionato dall’influenza degli esempi di Tunisia e Egitto, nonostante la differente situazione economica e sociale del Paese, gli sviluppi successivi hanno rapidamente cambiato lo scenario. Come dimostrato dalla compromissione del Consiglio Nazionale Transitorio Libico con le scelte francesi e da alcune prese di posizione dello stesso in merito alla “No fly-zone”, ad oggi sembra configurarsi più uno scontro tra due fazioni etniche e territoriali che una rivolta popolare. 
Schierarsi contro la guerra in Libia non vuol dire appoggiare Gheddafi, ma allo stesso tempo sarebbe superficiale fare proprie le posizioni di chi oggi sta fornendo una sponda all’ingerenza dell’imperialismo americano e europeo nel Maghreb.

Dal canto suo il governo italiano, dopo qualche tentennamento iniziale, ha dichiarato di voler condurre questa guerra da protagonista. Ha messo numerose basi a disposizione della “coalizione dei volenterosi” armando i propri stormi, facendo salpare le proprie navi e offrendo Napoli come luogo di direzione per le operazioni militari NATO. Il capitale i taliano, intimorito dalle possibili conseguenze della crisi libica a causa dei forti interessi e legami, ha spinto sul governo per imporre una presa di posizione decisa. Il dinamismo di Francia, Inghilterra e USA ha obbligato il governo italiano a partecipare per non venire esclusa da una futura spartizione della torta.

La questione libica è riuscita anche ad offrici una ottima dimostrazione di “unità italiana”: in continuità con l’impegno nella guerra in Jugoslavia il Partito Democratico ha scelto di sostenere con convinzione le scelte belliche del governo Berlusconi. Ancora una volta ci ritroviamo a fare i conti con la realtà: in Italia non esiste una forza politica capace di rappresentare un’alternativa allo sfruttamento e alla guerra, se non quella, tutta da costruire, di chi si vuole opporre in modo determinato allo stato attuale delle cose.


Presidio contro la guerra in Libia
Martedì 22 marzo alle ore 18.00
sotto la prefettura in Via Cavour

Centro Popolare Autogestito Firenze Sud 
Collettivo Politico Scienze Politiche 
Rete Collettivi Studenteschi Fiorentini
Unione degli Studenti 
Fondo Comunista
Partito Comunista dei Lavoratori Firenze
Partito Comunista dei Lavoratori Empoli

sabato 19 marzo 2011

LE VERE RAGIONI DELL'ITALIA IN GUERRA

IL PD SALVA BERLUSCONI NEL NOME DEL SOSTEGNO ALLA GUERRA.
LE SINISTRE ROMPANO CON TUTTI I PARTITI DI GUERRA, E SI MOBILINO UNITE CONTRO DI ESSA.
NON UN SOLDO PER LA GUERRA LIBICA.


Il Presidente Napolitano ha fatto sfoggio della sua migliore ipocrisia presentando l'ingresso dell'Italia in guerra come sostegno al “Risorgimento arabo”.

Il risorgimento arabo in Tunisia, Egitto, Libia si è levato esattamente CONTRO i regimi dispotici che tutti i governi italiani hanno sostenuto, economicamente e politicamente, facendo con essi i migliori affari. USA e UE continuano a sostenere contro il risorgimento arabo la dittatura saudita, la monarchia del Bahrein, la brutale repressione del regime Yemenita, a esclusiva difesa delle proprie posizioni militari e strategiche nella regione. Nella stessa Libia il “democratico” occidente si è ben guardato dal rifornire di armi il “risorgimento libico”, di cui non si fida, privilegiando invece il proprio diretto ingresso in guerra coi propri bombardieri.

il fine dell'imperialismo è molto chiaro, anche nei suoi tentennamenti e contraddizioni. Le vecchie potenze coloniali di Francia ed Inghilterra cercano di recuperare a suon di bombe un proprio spazio economico e politico nel Maghreb, in diretta competizione col capitalismo italiano ( a partire dalla Libia). L'imperialismo italiano, sino a ieri complice diretto del regime di Gheddafi e dei suoi crimini, si è prontamente allineato, dopo vari zig zag, alla missione di guerra al solo scopo di prenotarsi un posto al sole nella ripartizione delle zone di influenza nel Maghreb, e di difendere dalle insidie degli “alleati” concorrenti le sue attuali posizioni ( a partire dai pozzi petroliferi in Libia). La posta in gioco non è solamente il controllo politico sulla Libia postGheddafi ( dove vi sarà uno sgomitamento tra “alleati” nella ridefinizione delle zone petrolifere), ma la spartizione dei nuovi equilibri politici nell'intera regione araba, scossa dalle rivoluzioni popolari. Il fine comune dell'imperialismo, in ogni caso, è acquisire direttamente sul campo leve di intervento e condizionamento politico sui rivolgimenti in corso, bloccare la loro ulteriore espansione, far argine ad ogni loro possibile sviluppo in direzione antimperialista ed anticapitalista. I bombardieri sono solo i veicoli di queste operazioni imperialiste.

Parallelamente, la guerra diventa, ancora una volta, una illuminante cartina di tornasole della politica italiana. Il PD e la UDC non solo hanno rivendicato e votato in prima fila la spedizione di guerra, rimproverando a Berlusconi tentennamenti e ritardi; ma hanno salvato con questo il governo Berlusconi dalle contraddizioni della sua maggioranza, garantendo in un colpo solo la partecipazione italiana alla guerra e il governo più reazionario del dopoguerra: e dunque la continuità della sua politica bonapartista, delle sue minacce ai diritti costituzionali, della sua offensiva antioperaia e antipopolare. “E' stato un atto di responsabilità” gridano inorgogliti, con sorriso tricolore, i capi del PD. E' vero. Un atto di responsabilità verso gli interessi dell'Eni, degli industriali e banchieri italiani ( tanto esposti nel Maghreb), delle gerarchie militari, delle istituzioni dell'imperialismo internazionale ( dall'Onu alla Nato). Un atto che conferma una volta di più, se ve ne era bisogno, l'organica appartenenza del PD al campo della borghesia italiana e dei suoi interessi imperialisti.

Ora tutte le sinistre sono chiamate dai fatti a conclusioni coerenti. Non si può essere contro la guerra e al tempo stesso continuare ad allearsi coi partiti di guerra. Non si può essere contro la guerra e continuare a rivendicare l'Alleanza “democratica” con partiti di guerra (con tanto di sostegno esterno a un suo eventuale governo). Occorre scegliere. Pena la conferma di un intollerabile doppio binario tra le parole e i fatti.

Quanto a noi, continueremo con coerenza sulla nostra rotta. Assumeremo la lotta per il ritiro dell'Italia dalla guerra all'interno della nostra più vasta campagna nazionale per la cacciata del governo Berlusconi ( “Fare come in Tunisia e in Egitto”): denunciando ovunque il salvataggio del governo da parte del PD nel nome della guerra, e dunque sbugiardando la falsità della demagogia anti-berlusconiana delle opposizioni parlamentari liberali. Al tempo stesso, e proprio per questo, svilupperemo con più forza la necessità di una aperta rottura col PD, ad ogni livello, da parte di tutte le sinistre politiche , sindacali, di movimento, quale condizione necessaria per liberare un'opposizione radicale e di massa a Berlusconi e al suo governo, capace di vincere. Infine combineremo tutto questo col pieno sostegno alla rivoluzione araba e alla sua propagazione, contro ogni ingerenza dell'imperialismo, a partire dall'imperialismo italiano: ad un secolo esatto dalla spedizione coloniale di Giolitti in Libia, diremo come allora “Non un soldo per la guerra libica”,”No alla guerra tricolore”.

venerdì 18 marzo 2011

NO ALL'ATTACCO MILITARE IMPERIALISTA, GIU' LE MANI DALLA RIVOLUZIONE ARABA!

L'aggressione imperialista alla Libia non ha alcuno scopo “umanitario”. E' difficile immaginare scopi “umanitari” in chi ha armato per decenni regimi arabi torturatori, ed oggi appoggia la criminale dittatura saudita e la sanguinosa repressione in Bahrein. La verità è che dietro il velo ipocrita della propaganda, USA e UE cercano di riprendere il controllo politico del Maghreb e di bloccare l'espansione della rivoluzione araba in funzione dei propri interessi economici e strategici nella regione. Non a caso le potenze occidentali hanno rifiutato ogni rifornimento di armi agli insorti libici, che non controllano e di cui non si fidano . L'imperialismo interviene in proprio solo per affermare il proprio comando sulla situazione libica e nordafricana. I limiti delle rivoluzioni arabe del Maghreb, espressisi anche nel mancato sostegno militare alla rivoluzione libica, hanno di fatto favorito l'inserimento imperialista e la sua ipocrisia “umanitaria” a danno della rivoluzione libica e della sua autonomia. 

Da comunisti siamo stati e siamo incondizionatamente dalla parte della rivoluzione libica contro il regime sanguinario di Gheddafi, così come siamo stati al fianco della rivoluzione tunisina ed egiziana contro i regimi filo occidentali di Ben Alì e Mubarak. Proprio per questo non possiamo che avversare un intervento imperialista mirato contro la rivoluzione araba. Sia il popolo libico a regolare i conti con Gheddafi, non i bombardieri occidentali. 

Il rifiuto dell'aggressione imperialista non ci porta ad alcun appoggio politico ad un regime odioso, per anni garante degli interessi occidentali contro il proprio popolo. E' necessario sostenere la continuità e l'estensione della rivoluzione libica, sviluppando la sua piena autonomia politica dall'imperialismo e dai suoi scopi. E' necessario che tutti i popoli arabi in rivolta, a partire dalla Tunisia e dall'Egitto, combinino il proprio sostegno agli insorti libici con la mobilitazione più ampia contro l'intervento imperialista: giù le mani dalla rivoluzione araba! E' necessario che il movimento operaio internazionale si mobiliti a difesa della rivoluziona araba contro le mire imperialiste delle proprie borghesie: favorendo nella rivoluzione araba l'emergere delle tendenze più coerentemente antimperialiste e anticapitaliste. 

In questo quadro il PCL si appella a tutte le sinistre italiane per un'immediata mobilitazione contro ogni coinvolgimento italiano nell'intervento militare in Libia, e contro l'intossicante propaganda tricolore bipartisan che l'accompagna. 

Non un soldo per la guerra libica! Al fianco della rivoluzione araba, della sua propagazione, della sua autonomia da ogni ingerenza imperialista! Per la federazione socialista araba!

mercoledì 16 marzo 2011

IL NOSTRO RISORGIMENTO

L'unità d'Italia del 1861 fu la subordinazione del Risorgimento italiano agli interessi di Casa Savoia e del blocco industriale ed agrario: in funzione dello sviluppo del capitalismo nazionale entro un mercato unificato, e della sua colonizzazione manu militari del mezzogiorno. E' dunque naturale che le stesse classi dominanti che oggi accentuano il proprio sfruttamento sulla classe operaia e le masse del Sud, celebrino la propria vittoria di 150 anni fa, avvolgendola nel tricolore e negli inni patrii. Come è naturale da parte loro il coinvolgimento solenne nell'evento della Chiesa papalina: che prima sparò per trentanni sui patrioti del Risorgimento, poi scomunico' il Regno d'Italia, ma infine si riconciliò con le sue classi dirigenti nel nome dei comuni interessi finanziari, agrari, immobiliari. 

Per la stessa ragione i comunisti, e persino i coerenti democratici, non hanno nulla da celebrare il 17 Marzo. Il Risorgimento che noi rivendichiamo è quello che perse: quello dell'insurrezione popolare delle 5 giornate di Milano del 1848 poi disarmata dall'esercito sabaudo; quello della Rivoluzione repubblicana a Roma del 1849, poi affogata nel sangue dalle truppe francesi chiamate da Papa Pio IX ; ma soprattutto quello che cercò, di connettere la battaglia risorgimentale ad una prospettiva di liberazione sociale degli sfruttati e degli oppressi, contro la borghesia liberale e lo stesso campo democratico mazziniano. 

Due nomi risaltano tra i tanti militanti e dirigenti del risorgimento popolare che volevano quello sbocco alla liberazione d’ Italia: Filippo Buonarroti e Carlo Pisacane. 

Il primo, compagno in Francia di Gracco Babeuf nell’organizzare il primo tentativo di rivoluzione comunista della storia (“La congiura degli Uguali” del 1796),fu il principale organizzatore ed dirigente fino alla sua morte nel 1837 delle società segrete “giacobine rivoluzionarie” in tutta Europa. In Italia ciò si espresse in quella che fu, fino allo sviluppo della democratico piccolo borghese Giovane Italia Di Mazzini, la più importante società segreta “carbonara”: i “Sublimi Maestri Perfetti”, il cui terzo e massimo grado implicava il giuramento dell’impegno alla realizzazione dell’uguaglianza sociale con l’abolizione della proprietà privata. 

Il secondo, Carlo Pisacane, l’eroe dello sfortunato tentativo di Sapri del 1857, che lottò per la costruzione di un partito “socialista rivoluzionario” in Italia, dichiarando di non preferire i Savoia agli Asburgo e polemizzando contro il repubblicanesimo democratico di Mazzini e la sua parola d’ordine “Dio e popolo”, in nome della lotta tra le classi e della rivoluzione sociale. 

I tempi storici erano allora immaturi per la vittoria di quei generosi tentativi. Ma essi prefigurarono nelle pieghe del Risorgimento il futuro del movimento operaio rivoluzionario italiano: quello di Antonio Gramsci e del Partito Comunista D'Italia del 1921. 

Per questo, solo un governo dei lavoratori che liberi l'Italia dalle attuali classi dominanti potrà recuperare il filo storico del comunismo risorgimentale e dei suoi eroici pionieri. Portando al potere il risorgimento sconfitto. Realizzando sino in fondo le sue migliori aspirazioni sociali , democratiche, anticlericali. Riscattando nel concreto la memoria di chi già allora diede la propria vita non per una dittatura degli industriali e degli agrari, ma per una rivoluzione sociale, per una “Dittatura rivoluzionaria per instaurare la perfetta Uguaglianza” (Buonarroti); per una “terribile rivoluzione, la quale cambiando l’ordine sociale metterà a profitto di tutti ciò che ora riesce a profitto di alcuni” (Pisacane) . 


PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI 

Comitato Esecutivo

martedì 15 marzo 2011

PIENO SOSTEGNO AI LAVORATORI ISI - ELETTROLUX

Il Partito Comunista dei Lavoratori di Firenze esprime la propria vicinanza e il proprio sostegno attivo ai lavoratori della ISI – Elettrolux di Scandicci i quali dal 11 Marzo stanno occupando in segno di protesta gli stabilimenti dell'azienda.

La vicenda di questi 370 lavoratori, da mesi senza stipendio, e che da anni vivono nell'incertezza per il futuro, culmina in questi giorni con una vera e propria beffa:

Proprio nel momento in cui sembravano esserci le condizioni per una cessione del ramo di azienda alla Easy Green con un annesso piano di riconversione industriale verso la produzione di impianti fotovoltaici, ecco che un decreto del ministro dello sviluppo economico Romani congela i finanziamenti di stato al settore e affossa di fatto la trattativa.

E' semplicemente scandaloso che in un momento in cui, la riconversione ecologica della produzione industriale, potrebbe trasformarsi nel motore trainante dell'economia del Paese, il governo italiano tagli per l'ennesima volta i finanziamenti a questi settori strategici per investire , e chi sa con quali terribili conseguenze, soldi nel nucleare, negli inceneritori e nel petrolio libico.

La scelta di occupare l'azienda trova quindi tutto il nostro appoggio e condivisione, e si dimostra una volta di più uno strumento formidabile di lotta per i lavoratori. Adesso devono essere proprio questi ultimi a prendere in mano le trattative con azienda e governo, appropriandosi dei macchinari produttivi e dello stabilimento, e costringendo il ministro a ripristinare i fondi.

Come insegna il caso sella INNSE di Milano, in questi casi, solo la forza e la determinazione può strappare risultati concreti alla controparte.

Per queste ragioni ci schieriamo incondizionatamente dalla parte dei lavoratori, per una occupazione ad oltranza dello stabilimento fino a che la trattativa non sarà conclusa a totale favore degli operai.


Partito Comunista dei Lavoratori Sezioni di Firenze ed Empoli

venerdì 11 marzo 2011

NON CI FAREMO INTIMIDIRE DALL'ESPOSTO DEL PDL

L'annuncio di “esposto” alla magistratura da parte dei massimi dirigenti del PDL piemontese contro la mia persona e il PCL per la campagna “Fare in Italia come in Tunisia e in Egitto”, non ci farà arretrare di un solo millimetro. L'accusa di “istigazione “ alla rivolta contro Berlusconi- che i signori Ghigo e Ghiglia mi rivolgono – è mal posta. Il primo “istigatore” alla sollevazione popolare è infatti Berlusconi e il suo governo. Un Sultanato che domina un Parlamento di nominati, che si regge sulla corruzione e la menzogna, che attacca gli stessi equilibri costituzionali, che vanta un Ministro come Bossi che addirittura evoca “ le armi lombarde”, è il vero seminatore di rivolta. Il governo Tambroni nel 1960 fu rovesciato per molto meno. Lo scandalo vero non sta nel nostro appello a rovesciare il governo, ma nella paralisi impotente delle “opposizioni” parlamentari. In ogni caso il PCL andrà avanti nella sua campagna di massa per “una grande marcia nazionale su Palazzo Chigi che imponga a Berlusconi le dimissioni”. Tutti i nostri candidati sindaci, a partire da Torino, Milano, Bologna, Napoli, Cagliari, saranno megafono pubblico di questa campagna. Se questo è “reato”, ne rivendico la responsabilità. E mi auguro che tutte le sinistre facciano altrettanto.


Marco Ferrando

martedì 8 marzo 2011

EX FORNACE DI GRANAIOLO: I RESPONSABILI DEL DANNO AMBIENTALE DEVONO PAGARE E PUBLIAMBIENTE DEVE ESSERE RI-PUBBLICIZZATA

Il 10 Novembre 2010, per mezzo di un comunicato stampa, denunciammo le gravi irregolarità nelle procedure di smaltimento di amianto sull'area della “ex PLP” a Granaiolo, effettuate dalla ditta Teseco per conto di Publiambente, società partecipata a capitale misto pubblico-privato e proprietaria dell'area. 

Oggi, 8 Marzo 2011 apprendiamo che l'ARPAT ( Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana ) ha finalmente appurato che ci sia stata in quella occasione una combustione illecita di “rifiuti pericolosi”. 

E' evidente che in questo caso i responsabili debbano pagare, e che i cittadini della zona debbano essere adeguatamente risarciti per il danno ricevuto. 

Tutto ciò però non è sufficiente. Per scongiurare prossimi eventuali disastri ambientali occorre che la gestione dei settori fondamentali per la nostra società ( ambiente, salute e gestione dei rifiuti in primis) siano strappate dalle grinfie delle ditte private e delle S.P.A. le quali, per loro natura e vocazione, non tutelano l'interesse primario del cittadino ma il loro proprio utile. 

Anche i Comuni, che in molti casi partecipano ai capitali di queste aziende ( è il caso di Publiambiente ), molte volte sono più attenti a vigilare sui dividendi azionari a fine anno, che sull'operato delle aziende stesse. 

Pertanto chiediamo che si creino in ogni comune dell'Empolese – val d'Elsa, dei comitati di vigilanza , formati da lavoratori e cittadini, con l'obiettivo di controllare l'operato dei Comuni e dei privati che operano nel settore dell'ambiente e che si avvii, di conseguenza, un percorso partecipato e serio per la completa ri-pubblicizzazione di Publiambiente . 

Tutto questo perché la salute di tutti vale più dei profitti di pochi. 

lunedì 7 marzo 2011

" FARE COME IN EGITTO" : IL 12 MARZO IL PCL IN PIAZZA CON QUESTA PAROLA D'ORDINE.

Il PCL parteciperà alle manifestazioni di massa antiberlusconiane previste per il 12 Marzo, in sintonia col sentimento democratico di milioni di lavoratori, di giovani, di donne. Ma non condivide l'impostazione di unità nazionale tricolore che il PD ha imposto e le sinistre, di fatto, accettato. Le ragioni sociali e democratiche delle piazze antiberlusconiane non hanno nulla da spartire con partiti clericali come la UDC e forze di destra come FLI. Né debbono essere subordinate al disegno PD di un governo Monti, patrocinato da banchieri e industriali. Porteremo in piazza una proposta opposta: “Fare in Italia come in Egitto”; unire tutte le sinistre e tutto l'associazionismo democratico in una grande marcia popolare su Palazzo Chigi, per assediare i palazzi del potere e imporre a Berlusconi le dimissioni. E' l'unica via per sgomberare il campo dal Cavaliere e aprire la prospettiva di un'alternativa vera.

sabato 5 marzo 2011

UN BUS VAL BENE UNA MESSA!

Come si apprende facilmente anche dagli organi di stampa, dai primi giorni di marzo 2011 i tagli annunciati dal governo al TPL ( trasporto pubblico locale) iniziano a tradursi in disagi reali per i cittadini e lavoratori. A fronte di totale di 221 milioni di euro di tagli, la regione Toscana si trova infatti a dover tagliare circa 31 milioni di euro , cioè in termini realistici circa il 6% delle corse totali. Di conseguenza, in ogni provincia della Toscana le aziende di trasporto hanno iniziato la “riorganizzazione” che poi altro non è che un taglio drastico delle corse spesso a danno di studenti ed operai e probabili licenziamenti di dipendenti . 

Le uniche linee che uniscono veramente bene i cittadini Toscani sono soltanto quelle della protesta, della raccolta firme e dei disagi tanto nell’entroterra Pratese ( Vernio ) come nelle città d’arte( Pisa)che nelle cittadine costiere (Piombino). Così pure la montagna pistoiese, che dopo la “riorganizzazione” della storica ferrovia Porrettana, ha fatto sentire la sua protesta con assemblee molto partecipate. 

Anche nel Circondario Empolese i tagli iniziano a creare disagi, specie nelle linee di collegamento tra Empoli e i comuni limitrofi ( Cerreto Guidi, Montelupo, Fucecchio, Vinci e Capraia e Limite ) dove le corse, a fronte di un taglio complessivo di 700.000 euro, vedono la perdita di fatto del 15% delle corse totali. 

Di fronte a questo scenario, la proposta del Governatore Rossi è quella di andare verso un gestore unico dei trasporti locali entro il 2012, ovvero verso l'accorpamento di tutte le aziende locali in una sola regionale. Vista l’obbligatorietà di indire un bando di concorso a livello europeo per la gestione del TPL, nell’ottica perversa del capitalismo, la proposta di Rossi potrà apparire anche come quasi obbligata. 

Così facendo però non si taglieranno i costi, i quali invece aumenteranno ( in termini di aumento delle tariffe e dei biglietti) , ma si abbasserà la qualità del servizio riducendo anche il numero di posti di lavoro nel settore, aumentando unicamente gli stipendi agli amministratori delegati ed i dividendi ai CdA

Se a Rossi, e alla Regione Toscana, sta davvero a cuore la mobilità dei lavoratori pendolari, degli studenti e dei cittadini, perché non taglia le spese davvero superflue e in particolare tutte le regalie alla chiesa? 

Sempre dagli organi di stampa si può apprendere infatti che mentre la regione si adopera a individuare le linee da tagliare, è riuscita invece a stanziare un fondo di oltre 2 milioni di Euro per l'assunzione di 77 nuovi addetti al conforto religioso negli ospedali, ovviamente assunti a chiamata su nomina della curia, in barba alle norme sui concorsi pubblici e alla parità tra le varie confessioni religiose e i non credenti.

Certo il recupero di questi 2 milioni di euro non basterebbe da solo per riparare al “buco” fatto dai tagli governativi, ma sicuramente ridurrebbe i disagi per i cittadini e, se combinato per esempio con il taglio, questo si dovuto, agli oneri di urbanizzazione secondaria che ogni hanno i comuni elargiscano volontariamente alle curie locali, ecco che realisticamente il sistema TPL toscano potrebbe contare su nuovi investimenti. 

Insomma è il caso di dire …. Un bus val bene una messa! 

Il Partito Comunista dei Lavoratori oltre a denunciare gli scandalosi tagli fatti dal governo a tutti i servizi, in specie ai trasporti locali, denuncia anche l'asservimento delle giunte del PD , regionali e locali, al sistema capitalistico e privatistico di gestione dei servizi pubblici che, evidentemente, gli stanno meno a cuore del consenso dei Vescovi al proprio operato.

venerdì 4 marzo 2011

UNA PROPOSTA DI AZIONE VERA!

A DIECI MILIONI DI FIRME UNA PROPOSTA DI AZIONE VERA:

Bersani vanta “10 milioni di firme” per le dimissioni di Berlusconi, nel mentre chiede loro, di fatto, di rassegnarsi a Berlusconi per altri due anni: per di più con la “speranza” per il 2013 di un possibile governo Monti, carico di nuovi sacrifici sociali. Un disastro su tutta la linea. 
Occorre fare l'opposto. Milioni di lavoratori, di giovani, di donne stanchi di un governo reazionario che si regge sulla corruzione e sulla menzogna, meritano una proposta di azione vera. “Fare come in Tunisia e in Egitto” si può. Se tutte le sinistre lavorano ad unificare in un fiume ininterrotto le piazze del lavoro, della scuola, della democrazia, è possibile portare sotto Palazzo Chigi una forza di massa capace di assediare i palazzi del potere e di imporre a Berlusconi le dimissioni. Occorre solo liberarsi dalla subordinazione al PD e ai suoi disegni confindustriali.

martedì 1 marzo 2011

LO SCANDALO DI UNA GUERRA BIPARTIZAN E DELLA IPOCRISIA CHE LA COPRE

Le nuove vittime della missione afghana, chiamano in causa uno scandalo vero di cui nessuno parla: quello di una guerra bipartizan decennale, a sostegno di un governo corrotto, combattuta unicamente per prenotarsi al banchetto della spartizione imperialista del Centro Asia. 

Altro che “guerra al terrorismo” e tutela della “pace”! Tutte le forze parlamentari che da dieci anni votano la guerra sono interamente responsabili, politicamente e moralmente, dei soldati italiani caduti: di ieri, di oggi, di domani. Così come, innanzitutto, delle migliaia di civili afghani seppelliti nei propri villaggi dalle bombe “democratiche” dell'occidente. Se il vento della rivoluzione araba giungerà in Afghanistan- e non è escluso- avrà come bersaglio legittimo non solo Karzai ma tutte le forze straniere di occupazione, incluse le truppe tricolori. 

E' ora di dire: basta lacrime ipocrite di ministri di guerra, via le truppe italiane dall'Afghanistan! La rivendicazione del ritiro immediato e incondizionato delle truppe deve entrare a pieno titolo nelle mobilitazioni contro Berlusconi per la sua cacciata, in aperta contrapposizione alle posizioni del PD. Questo sarà in ogni caso l'impegno del PCL.