Negli ultimi giorni, la stampa borghese si è ampiamente concentrata sul tradizionale malaffare politico bipartisan: l'infinita girandola di mazzette, truffe, ruberie, mercimonio di incarichi pubblici, che percorre tutti gli anfratti della seconda repubblica, dell'apparato statale, dei principali partiti borghesi ( dal PDL al PD).
Anche per questo colpisce il parallelo silenzio che, con pochissime e imbarazzate eccezioni, avvolge gli scandali del Vaticano. Eppure emergono alla luce del sole, proprio in questi giorni, fatti clamorosi di criminalità clericale.
Non parliamo dell'ampio coinvolgimento degli interessi vaticani nelle speculazioni immobiliari della cricca di Balducci, Verdini attorno al business della “Protezione civile” e dei cosiddetti “grandi eventi”. Né parliamo della continuità dello scandalo internazionale della “pedofilia”, che pur vede oggi una clamorosa rottura diplomatica tra lo Stato irlandese e il Vaticano, ufficialmente accusato di coprire, tuttora, pratiche di stupri contro bambini. Parliamo invece di vicende forse meno appariscenti ma di certo non meno eloquenti.
Parliamo ad esempio della bancarotta dell'impero di Don Verzè, grande confessore del Cavaliere Berlusconi, ma beneficiato dalle regalie di denaro pubblico da parte di tutti i governi e tutte le amministrazioni locali ( da Formigoni a Vendola): un impero gigantesco, prosperato grazie al sostegno della finanza cattolica, beneficiato dal più impermeabile segreto contabile, e infine seppellito dal crollo del suo ambizioso grattacielo finanziario. Non è cosa da poco, persino dal punto di vista politico: dopo il tramonto del banchiere Geronzi, è il più duro colpo ricevuto dal giro capitalistico berlusconiano, e dunque un pezzo del declino del berlusconismo. Eppure,la notizia ha occupato lo spazio di un giorno, subito inghiottita dalla generale indifferenza. Neanche il suicidio del principale fiduciario di Don Verzè ( addirittura taciuto dall'Osservatore Romano) ha rotto l'incantesimo del silenzio. Lavoratori , contribuenti, piccoli risparmiatori non hanno diritto di sapere in quale giro di speculazioni e malaffare sono finiti i loro soldi ( si tratta cumulativamente di miliardi), girati gentilmente a Don Verzè da governi, banche, pubbliche amministrazioni di centrosinistra e centrodestra?
Ma il fatto più clamoroso è un altro. Riguarda la famosa scomparsa di Manuela Orlandi. La Stampa di Torino del 24/7 riporta l'intervista di un vecchio esponente di primo piano della banda criminale della Magliana ( Antonio Mancini) che per la prima volta rivela pubblicamente la complicità del Vaticano con la banda. Afferma che la banda aveva prestato ingenti somme al Vaticano, attraverso il Banco Ambrosiano di Calvi, e che poi queste somme non erano rientrate. Da qui il rapimento della Orlandi, figlia di un alto funzionario vaticano: una forma estrema di pressione e ricatto della banda per avere indietro dallo IOR ( banca vaticana, nota lavanderia di denaro sporco) i soldi dovuti ( 20 miliardi di lire). Questo prolungato braccio di ferro fu risolto dalla mediazione di Renato De Pedis, uno dei capi dalla banda, che ottenne dalla Chiesa, in cambio della cessata ostilità, la promessa della propria sepoltura nel sontuoso e riservatissimo cimitero vaticano di Sant' Apollinare. Dove in effetti il delinquente oggi riposa, in singolare compagnia dei “santi” e dei Papi.
Non è clamorosa questa rivelazione? Non scoperchia finalmente uno dei principali misteri irrisolti della cronaca nera italiana? I familiari di Manuela Orlandi non hanno diritto di conoscere le responsabilità e collusioni di alto livello che prima hanno condannato a ( probabilissima) morte la povera Manuela, e poi hanno segretato la inconfessabile verità del delitto?
Eppure regna sul caso una straordinaria riservatezza. Non solo giornalistica ma politica. Il Vaticano e i suoi crimini restano un tabù della politica italiana. Non solo di quella borghese. Ma anche della politica della “sinistra”. E persino del tradizionale giustizialismo. Il devoto Di Pietro, così facondo in fatto di denuncia del malaffare ( tranne quello che riguarda la IDV e la sua storia), tace ermeticamente sugli scandali vaticani. Come Nichi Vendola, sa bene che la benedizione di Oltretevere è decisiva per una buona carriera ministeriale. Ma persino il vulcanico Grillo- che pur non sembra ambire a ministeri- si arresta di fronte alla frontiera vaticana: essendo “oltre” la divisione tra destra e sinistra, ha deciso anche di essere “oltre” il vecchio confine tra laicità e clericalismo, e addirittura tra verità e omertà? Oppure teme più semplicemente di avventurarsi su un terreno troppo “imprudente” per le fortune elettorali del suo movimento?
Nei fatti si conferma una realtà inconfutabile: solo i comunisti rivoluzionari, proprio in quanto anticapitalisti , possono sviluppare una opposizione coerente al Vaticano, al capitalismo clericale, ai suoi crimini ( finanziari e comuni), senza alcuna paura e reverenza ipocrita.
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